Attualmente, numerose evidenze scientifiche supportano la tesi che i pazienti oncologici rappresentino una particolare categoria a rischio di sviluppo di complicanze e morte una volta contratta l’infezione da SARS-CoV-2.

Vari sono i fattori di rischio chiamati in causa. In primis, le terapie oncologiche aumenterebbero il rischio di esposizione al virus e potrebbero ridurre le risposte immunitarie naturali.

Questo è il principio secondo il quale è stata data la priorità alla vaccinazione per i pazienti oncologici.

Nell’articolo di Ribas et al., pubblicato a febbraio 2021, si discute, dopo una revisione sistematica della letteratura disponibile, l’importanza della tempestività dell’accesso prioritario alla vaccinazione per i pazienti oncologici nel periodo di carenza di scorte vaccinali.

Gli autori hanno selezionato gli articoli che riportavano o i case fatality rates (CFR) o i mortality risks tra i pazienti oncologici che contraevano l’infezione da SARS-CoV-2. In totale sono stati selezionati 28 articoli, 16 dei quali includevano una o più coorti di controllo, con 13 studi che riportavano un confronto diretto degli outcomes tra i pazienti affetti da SARS-CoV-2 con neoplasia o senza. 

L’analisi conferma che i pazienti oncologici hanno un rischio maggiore di sviluppo di malattia severa e di morte, con una variabilità intrinseca nelle varie casistiche ma con un trend molto chiaro.

Inoltre, si è cercato di capire se l’aumento del rischio della mortalità da COVID-19 potesse essere legato in maniera intrinseca alla neoplasia di base o ad altre concause quali l’età avanzata e la presenza di comorbidità. Dall’analisi sistematica è emerso che i pazienti con neoplasie ematologiche sono a rischio più elevato in assoluto. Per esempio, dalla casistica raccolta in un singolo ospedale di New York è emerso che i pazienti ematologici hanno un CFR molto più alto rispetto ai pazienti con neoplasie solide (37 vs 25%). L’età avanzata, la malattia severa da COVID-19 e la conseguente ospedalizzazione, nonché la qualità globale delle cure, avrebbero un impatto sugli esiti della malattia da COVID-19 nei pazienti oncologici.

Si è cercato di valutare anche quali fossero gli effetti della vaccinazione anti-COVID-19 nei pazienti oncologici. Al momento della pubblicazione di questo articolo i dati erano piuttosto limitati principalmente per numerosità della casistica e assenza di follow-up a lungo termine.

Sarebbe auspicabile, inoltre, disporre di trial con un follow-up abbastanza lungo per avere informazioni utili sull’efficacia del vaccino nei pazienti sottoposti a differenti trattamenti oncologici. Attualmente, pochi sono i dati disponibili atti a valutare le interazioni tra “terapie oncologiche attive” e l’abilità a indurre una risposta immunitaria protettiva con la vaccinazione.

Sulla scorta delle evidenze che i vaccini anti-COVID-19 inducano elevati livelli di anticorpi neutralizzanti rispetto all’infezione da SARS-CoV-2 nella stragrande maggioranza di pazienti, si basa la raccomandazione all’accesso prioritario per i pazienti oncologici e in primis per i pazienti affetti da neoplasie ematologiche. I dati attuali sembrerebbero suggerire che i pazienti con neoplasie ematologiche sviluppino risposte immunitarie scarse all’infezione da SARS-CoV-2.

Ne deriva l’importanza della vaccinazione in questa particolare categoria di pazienti anche come misura di prevenzione sanitaria per limitare la circolazione del virus.

Di contro, è possibile anche che determinati pazienti che ricevono anti-CD20 o terapie citotossiche possano non dimostrare una risposta anticorpale dopo la vaccinazione; questo perché gli attuali vaccini inducono lo sviluppo di una potente risposta immunitaria T-cell. Questo spiegherebbe perché il beneficio della vaccinazione in alcuni pazienti non possa essere valutato in maniera adeguata con i test sierologici.

Altro aspetto affrontato dagli autori di questo articolo è la sicurezza della vaccinazione nei pazienti sottoposti a immunoterapia. Non ci sono evidenze che le terapie immunitarie con gli inibitori dei checkpoints immunitari rappresentino un fattore di rischio di sviluppo di complicanze da vaccinazione anti-COVID-19. Piuttosto, sembrerebbe che le comorbidità e la concomitante presenza di altri fattori di rischio giocherebbero una serie di concause per l’evoluzione sfavorevole nel caso di infezione da COVID-19. Tipico esempio è il paziente affetto da neoplasia polmonare, bronchitico cronico e fumatore in terapia con inibitori dei checkpoints immunitari.

Commento

Nell’articolo di Ribas et al. sono state affrontate delle tematiche ancora attuali quali l’importanza e la priorità alla vaccinazione anti-COVID-19 per i pazienti oncologici.

Un follow-up più lungo dei trial in corso chiarirà l’efficacia soprattutto a lungo termine della vaccinazione nei pazienti oncologici, ematologici e sottoposti a immunoterapia.

Data la prognosi negativa e l’elevato rischio di morte nei pazienti affetti da neoplasia, la vaccinazione anti-COVID-19 risulta prioritaria e andrebbe assolutamente raccomandata nei pazienti ancora reticenti in accordo alle linee guida nazionali e internazionali.

Articolo originale: Ribas A, et al. Priority COVID-19 vaccination for patients with cancer while vaccine supply is limited. Cancer Discov 2020; 11: 233–236.