Un recente studio scientifico dimostra che è possibile una chirurgia mammaria senza asportazione dei linfonodi ascellari anche nei casi di interessamento del linfonodo sentinella. In base alle evidenze, il risparmio dell’ascella non peggiora l’esito di cura delle pazienti e consente una chirurgia meno demolitiva.
Durante l’intervento di chirurgia mammaria è pratica comune l’asportazione dei linfonodi ascellari (dissezione ascellare), in particolare quando il linfonodo sentinella è interessato da malattia (LS+). In questi casi si asportano i linfonodi del cavo ascellare nell’ipotesi che altri linfonodi possano essere coinvolti oltre al LS+. Questo potenzialmente riduce il carico di malattia e informa circa l’ottimale terapia medica e radioterapica post-chirurgica da proporre alla paziente.
Tuttavia l’intervento di dissezione ascellare è gravato, in alcuni casi, da effetti collaterali indesiderati, tra cui la comparsa di linfedema, di alterazioni funzionali di spalla e di neuropatia dell’arto superiore. D’altra parte, non è ancora chiaro quanto la dissezione ascellare sia capace di migliorare la sopravvivenza delle pazienti o quanto rappresenti un semplice fattore prognostico. Peraltro, è stato calcolato come solo il 30% delle pazienti con LS+ presenti altri linfonodi positivi oltre a quello sentinella: questo significa che circa il 70% delle pazienti riceve inutilmente l’intervento di dissezione ascellare.
In questo contesto, un recente studio scientifico ha indagato la possibilità di risparmiare la chirurgia ascellare a pazienti affette da tumore mammario con LS+, ipotizzando che questo non ne peggiori l’esito di cura.
Nello studio sono state coinvolte 891 pazienti con tumori mammari < a 5 cm, senza linfonodi ascellari clinicamente palpabili ma con positività a 1 o 2 linfonodi sentinella (LS+). Il gruppo delle pazienti è stato suddiviso in 2 parti: una metà delle donne è stata proposta per la terapia chirurgica standard di dissezione ascellare mentre l’altra metà è stata proposta per l’approccio innovativo di risparmio ascellare. Dopo circa 10 anni di sorveglianza è apparso evidente che le pazienti proposte per il risparmio ascellare non presentavano esiti di cura inferiori rispetto alle pazienti che avevano ricevuto la dissezione ascellare. In particolare dopo 10 anni la sopravvivenza delle donne operate senza dissezione ascellare era pari al 86,3% rispetto al 83,6% delle donne operate con dissezione ascellare e la sopravvivenza libera da recidiva era pari all’80,2% nel gruppo senza dissezione ascellare rispetto al 78,2% del gruppo con dissezione ascellare. Da un punto di vista statistico, questi risultati dimostrano la non-inferiorità del risparmio ascellare rispetto alla dissezione ascellare circa gli esiti di cura complessivi. Lo studio centra quindi l’obiettivo primario che era quello di dimostrare che risparmiare l’ascella nelle donne con LS+ arruolate nello studio è un’opzione che non ne peggiora la guarigione. Pur accogliendo alcune critiche metodologiche allo studio e riconoscendo la difficoltà di estendere i risultati alla totalità le pazienti, tuttavia questi risultati rappresentano un importante avanzamento nella cura del tumore mammario, assicurando alla maggior parte delle pazienti una chirurgia efficace e meno demolitiva, grazie al risparmio dell’ascella.
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